Il ciclo della “Lotophagie” prende avvio nel corso del primo decennio del Duemila ed è tutt’ora in corso di sviluppo: non a caso la mostra odierna si divide in due grandi capitoli, il primo – “Serie 1” – composto da alcune opere recentemente ritrovate nello studio dell’artista, il secondo – “Serie 2” – composto invece da opere realizzate negli ultimi mesi appositamente per questa occasione. Una mostra di inediti, dunque, a confermare l’importanza che questo appuntamento riveste anche per l’artista bolognese. “Lotophagie” si ispira, come è evidente dal titolo, all’episodio dell’”Odissea” di cui sono protagonisti per l’appunto i mangiatori di loto, che attraverso l’assunzione dei fiori della pianta dimenticano il passato: metafora questa per Caccioni non tanto di un’assenza di memoria, ma della capacità della memoria di stravolgere la realtà, le apparenze stesse del reale, per dare vita a forme inedite e sempre sorprendenti. Il supporto utilizzato dal pittore contiene infatti la memoria del suo utilizzo originario, ma i segni e le figure presenti sulla carta perdono la loro funzione, trasferite come sono in un altro mondo – quello dell’arte figurativa – e ulteriormente modificate dall’intervento del pittore.
Interventi essenziali, di addizioni e sottrazioni di materie e pigmenti, che danno vita a forme sempre al confine tra l’evocatività del segno puro e il rimando a forme invece riconoscibili, alla ricerca di un’ambiguità che da sempre caratterizza il linguaggio dell’artista.
